I METICCI DEL GARBINO


Parole dei brani musicali con lo pseudonimo Patrice Dalè su musica de “I canti per Beltane”. E’ possibile visionare alcuni brani del musical prodotto e diretto da Sergio Pietra Caprina seguendo il link sotto indicato: I meticci del garbino

PREGHIERA ALLA MADONNA


Fu l’orrendo tremito
che sconvolse Livorno,
ribollir delle viscere
di questa terra a te cara
di questa terra a te cara.

Una preghiera porgono
i fedeli smarriti
con le labbra pallide
t’invocano
dal cuor.

A te madre degli umili
giunga il credo sincero
con la voce supplice
chiediamo a te perdono
chiediamo a te perdono

La piet´ concedici,
o signora del cielo,
e detergi le lacrime
sparse pei nostri peccati
sparse pei nostri peccati

Tu che dall’alto domini
con la potenza di Dio,
scendi amata nei nostri cuor
a salvare la citt´.

Doneranno a te la’nima
con un voto di fede
le tue genti che soffrono
chine davanti ai tuoi piedi,
a te, Madonna del colle.

INNO ALLA MADONNA


Beata Maria, regina in paradiso
che ogni cosa terrena lasciasti,
pietosa madre piena di dolore
che alle glorie del cielo passasti,

con eterna infinita dolcezza
accanto al tuo figlio adorato
santa tra i santi, tu preghi, o signora
espiando col pianto il nostro peccato.

Nel tuo nome acquista la salvezza
chi canta osanna a te in tutto il mondo,
chi la fede, o madonna, in te ripone,
chi ti sa’ffida con credo profondo

Sia lode eterna a te, madre pietosa
dal cuore puro pieno di’nnocenza,
donna preziosa beata tra i beati
che invochi sopra a noi la penitenza.

MONOLOGO


Le abbiamo viste all’orizzonte
con le vele gonfie di maestrale,
le abbiamo viste in porto
vomitare uomini duri
nelle sgargianti divise
con le baionette spianate.
Li abbiamo visti marciare da terra
con l’artiglieria pronta all’attacco,
dilagare nella citt´, violentare,
depredare, distruggere.
Inglesi, Spagnoli, Napoletani,
Francesi soprattutto, ancora assetati di sangue,
con l’arroganza dei dominatori
ci hanno sventrato le case,
ci hanno piegato coi tributi,
ci hanno violato le chiese,
ci hanno preso i figli
per combattere le loro guerre
in terre straniere.
Il nostri figli, i nostri dolci figli di mare
con la pelle brunita di sole,
dispersi tra le nebbie delle pianure d’Europa.
Senza lavoro, senza pane,
coi morbi in agguato nei corpi indeboliti,
con le pupille dilatate
negli occhi spinti all’orizzonte,
da mare e da terra,
soffriamo ma non ci pieghiamo.
I dominatori gozzovigliano
e pretendono feste
a ridosso delle case che piangono,
dei magazzini vuoti di merci,
del porto morto ai traffici,
spaurito sotto il soffio della morte,
contro le onde gonfie di terrore.
A cento sono caduti i Livornesi,
le bocche spalancate al grido di mamma,
o forse rapiti alla vita d’un tratto,
gli sguardi perduti,
le labbra mute per sempre.
I giovani sono già vecchi,
i grembi isteriliti dalla sofferenza,
il nostro popolo decimato
raccoglie le ultime forze e grida: basta!
Ora vuole la pace, sì, vuole la pace!

CANTO ALL'EROE


Intoniam lode fervida
tributando l’onore
alla gente del popolo,
voglia di lotta e pace
voglia di lotta e pace

L’ira fremente palpita
sulle mura difese
con la fede indomita
invitano
a lottar

Mai non si fiacca l’animo
al gran coraggio accorato
dell’eroe del popolo
di Bartelloni, l’eroe
di Enrico, l’eroe.

Indomabile incita
la sua gente l’eroe
e combatte intrepido
Bartelloni dal fiero cuore
Bartelloni dal fiero cuore.

Sugli arditi s’abbattono
forti e crudeli nemici,
cade Enrico colpito
Salvo in lui è l’onor

Sì, vivranno da liberi
quelli ch’ora combattono
quelli che oggi lottano
per il grande ideale:
per la città liberata.

CANTO A LIVORNO


Sorge il sole e sfolgora
sul castello murato
brulicante di popolo
tra le vie del porto
tra le vie del porto.
Sulle barche che tornano
Spande il faro la fiamma
sulle navi che salpano
si spiegano
bianche vele.

Vanno e vengono indomite
al castello murato
brulicante di popoli
fronte del porto franco
fronte del porto franco.

E le genti si parlano,
varie lingue e costumi,
pur s’intendono rapide.
Abbraccia il castello laggiù
tutta la gente del mondo.

Dal castello Livorno nasce,
grande e potente sul mare,
gente semplice e fiera
le vie del porto, le vie del mondo.
Questa è la nostra patria,
questa la nostra gente,
un cuore aperto e semplice
tra mille cuori sinceri
tra mille cuori diversi.

CANTO DI SANTA GIULIA


Santa Giulia fanciulla Beata
che ogni cosa del mondo lasciasti
e seguendo le orme di Cristo
alle glorie del Cielo passasti.

Ora in alta, eterna letizia
per crudele martirio subito
nel convegno dei Martiri canti
invocando l’amore infinito.

Dalle lacere spoglie pietose
resa al Cielo intatta innocenza,
alleviasti le pene ai fedeli,
invocando per lor penitenza.

Dal tuo nome attinge salvezza
tutto il genere umano nel mondo.
Con la fede del popol Livorno
ti s’affida con credo profondo.

Ti rivolge sincera preghiera
con la voce semplice e fiera.

CANTO DELLA MADRE


Disserra le tue labbra
chiuse nell’antico silenzio,
o donna,
e narraci la pena universale
della tua attesa,
quando chini le ciglia
rassegnate
perché il dolore profondo
ha bisogno di verbi
che non sai.
Nei tuoi occhi, Margherita,
c’é il pianto dei diseredati,
la fame di libertà degli schiavi,
la nudità delle bestie.
Ora il calore d’amore
per quel nulla caldo
che stringi forte al seno
fa fiorire un sorriso
sulle tue labbra.
Tu nutrirai l’uomo
che farà grande
la gente di Livorno
già calpestata
dall’orrendo piede alemanno.

CANTO DELLA PESTE


La pestilenza intreccia danze di morte
disseminando lo sgomento e il pianto
e fonde nell’aria che ribolle greve
l’imprecazione e la preghiera intanto.
Un demone folle brandisce la gelida falce:
cade il cristiano come l’alemanno,
cade l’ebreo, il turco, il santo, l’assassino.
I cuori dei padri battono di paura,
le madri stringono al petto i corpicini
nell’ultimo abbraccio di vita.
"Tenete lontane le navi, aprite i Lazzeretti!
Non vogliamo più vuoti nelle nostre fila!"

Vanno, l’un dopo l’altro, in lugubre corteo
dietro il muto ammiccare della Morte,
i giorni tuoi e di tra gli occhi un raggio
palpita cadenzato dall’affanno.
Chi volle, o Dio, sopra di te il castigo
vestito di neri sorrisi
come il cielo della notte?
E mentre un turbinio confuso
ti cancella dal tempo e ti confina
nel vuoto enorme e senza tinta,
afferri un lembo dei tuoi sensi
e gridi intorno con un folle ardore:
"Risorgerai, Livorno!
SÌ, risorgerai!"

CANTO DELLA RIVOLTA


Grappoli di mani armate
tagliano l’aria
densa d'attesa.
Le voci intorno
si fanno di ghiaccio
nell’urlo incitante alla lotta,
talvolta sfumando
in tacite note di rabbia.
L’agognata vittoria
tormenta il desiderio
della folla,
mentre attimi d’angoscia
calcano i passi
che inseguono rapidi
la torma avversaria.
Una manciata di minuti
piove sulle membra
annichilite,
svetta l’urlo vittorioso
sugli occhi illanguiditi
di fatica,
si fan lontani gli elmi nemici.
Contro la lancia
ha vinto il duro sasso.

CANTO A LIVORNO


"Se Firenze è il gioiello di Toscana,
Livorno ne sarà la gemma."
CosÌ decretò Ferdinando,
il suo Granduca.
A lui l’onore dunque?
A lui e al popolo che volle
da un acquitrino putrido sul mare
nascesse e si facesse grande
il porto brulicante di lavoro.
Le braccia forti, brunite di sole,
gli occhi stretti contro
il vento Garbino,
la gente rude e fiera di Livorno,
seppur con varie lingue,
unita, fece e crebbe la città,
povera di memorie,
ricca d’imprese.
Tra le colline, il mare
e il Santo Colle,
mai più serva a Pisani e Genovesi,
l’emporio di Livorno
acquista fama
e tende le sue braccia
a tutto il mondo,
coi frutti generosi
di fede e di coraggio,
d’orgoglio e volontà.

CANTO ALLA PACE


Guerra, degna creatura dell’odio,
triste oltraggio di questo o quel potente,
scende ora altera dal suo podio
e cede il passo a Pace ch’è vincente.

Si popola la piazza all’improvviso,
libera dal terrore della morte,
incerto l’uno scruta l’altro in viso
ringraziando il Signor della sua sorte.

Qualcuno stringe un fiore contro il seno
rinnovando speranze nella mente,
il futuro si tinge di sereno
stringendo i bimbi a sé teneramente.

Seppelliti i caduti con onore,
si scioglie il pianto e finalmente tace,
ognuno grida dal profondo cuore:
"Pace! Ora é pace! Viva la pace!"



LA STIRPE DI MORGIANO


Parole di tredici dei canti con musica del maestro Fabio Ceccanti e versione vernacolare. E’ possibile visionare alcuni brani del musical prodotto e diretto da Sergio Pietra Caprina seguendo il link sotto indicato: La stirpe di Morgiano

CORO CONTRO LA VIOLENZA


Nun c'è più scampo dalla bestia nera
se nun ti spara, ti fa finì 'n galera,
l'orrore è 'ntorno a noi, gente stremata,
la notte eterna sopra noi è calata.
Vedere i bimbi, sciupati dalla fame
che chiedan disperati un po' di pane,
vedere giovani un dì grandi e possenti
ridotti pelle e ossa dalli stenti.
          Non c'è più lacrime
          ne' nostri occhi,
          non c'è più sangue
          ne’ nostri cuor.

Ecce homo, si disse a Cristo 'n croce,
per dillo qui nun c'è nemmen la voce,
nun c'è mani a scavà la terra dura
per dare a' morti degna seportura.
S'ammazzano ir fratello cor fratello
piantando 'n gola 'na lama di 'ortello.
Di sangue tutto ir mondo ora si bagna
e la donna si fa, per fame, cagna.
L'Italia è morta, nell'onore morta,
lottiam, suvvia, per l'Italia risorta.
          Non c'è più lacrime
          ne' nostri occhi,
          non c'è più sangue
          ne’ nostri cuor.

CANTO IN ONORE DEI MORTI IN TERRA STRANIERA


Guerra crudele, che massacri ir mondo
e i giovani disperdi in tutte terre,
partiron servi dell'impero infame,
piangan le madri pei figli lontani.
          Le lacrime vi facciano affogare,
          vili fascisti, per tutto ir terrore
          che avete seminato nei paesi
          in nome dell'onore.

Se neve e sabbia coprano quei corpi
e nissuno po' dagli seportura,
la corpa è vostra e der vostro duce,
l'avete voi mandati alla ventura.
          La sabbia secchi quella vostra bocca,
          cani bastardi, per i nostri morti
          che lasciate lontano da' parenti
          e gli negate amore.

Gli avete dato scarpe di cartone
e non han che gallette da mangiare,
anco ir tedesco gli nega una razione,
eppure lo chiamate anco alleato.
          E le gallette vi vadin di traverso,
          vigliacchi infami, per la loro sorte
          che avete seminato in vita vostra
          sortanto odio e morte!

CANTO IN ONORE DEI PARTIGIANI


Lassù sur monte bianco di neve
fa la su' guerra ir partigiano,
fucile in spalla, ir passo lieve,
guarda ir nemico laggiù lontano.

Ir vento soffia nella pianura,
gelido ir viso, di foco ir core,
ir partigiano nun ha paura,
se va a morire, è per amore.

          Ama la terra in dove è nato,
          ama ir profumo di libertà
          ama la donna che ha lasciato
          ama la vita, la volontà.

Va giù dar monte di neve bianco,
scorre veloce ir sangue ardito.
Ir cielo è grigio, ir passo stanco,
sopra ir grilletto già pronto è ir dito.

Ir vento spenge la su' folata,
smette di battere forte ir petto,
riverso casca, l'erba è gelata,
candidi fiocchi sono ir su' letto.

          Amò la terra dov'era nato,
          amò ir profumo di libertà,
          amò la donna che ha lasciato,
          amò la vita che se ne va.

CORO CONTRO LA MISERIA E LA FAME


Gli anni più belli
la guerra ci ha rubato.
Di giorno in giorno,
se si guarda intorno,
morte e tristezza
la vita ci ha lasciato.
A noi che ci rimane?
Né risate né giochi.
Spersi nel mondo
con la faccia mesta
siamo cresciuti
in fretta e a noi nessuno
rende la gioia
dell'età più bella.
Sogni e speranze
di bimbi già cresciuti,
visi scavati
da miserie e fame.

Vergogna, mondo,
vergogna, voi signori,
strappate a' bimbi
il loro girotondo,
volete guerra
e tutti giù per terra!

CANTO DI SPERANZA PER L'AVVENIRE DEI FIGLI


Figlioli miei,
ascortate 'na mamma
che niente ha,
solo un po' di speranza.
Vorrei con voi
dare un senso alla vita,
vorrei per voi
acchiappare la luna
perché nun c'è
dignità nella guerra
perché nun c'è,
nun c'è pace ora in terra.
Chi dice che
la ricchezza è potere
forse nun sa
che c'è anco l'amore.
Vi vorrei dà
tutto l'oro der mondo,
ma voglio dì
che c'è un bene profondo:
è l'onestà,
ir coraggio di vive',
è la bontà
che fa l'omo più grande.
Felicità
nun la fo con le mani,
ma spero che
sia migliore ir domani.

CANTO RIVOLUZIONARIO DI LIVORNO


Semo pronti a morire
per amor de' figlioli,
semo pronti a lottare
per la nostra città.
Voi volete l'impero,
li mandate alla guerra
come bestie ar macello,
ma Livorno 'un ci sta.

          Su, fàmosi sentire
          da questi macellai,
          arto si arzi ir grido
          levatevi di qua!
Via, leviamo la voce
contro que' manganelli,
arziamo la bandiera
di nostra volontà.

Nun avemo paura
di combatte' i sopprusi,
sempre più forte è in noi
la voglia di lottà.

          Su, fàmosi sentire
          da questi macellai,
          arto si arzi ir grido
          levatevi di qua!

CANTO A LIVORNO


E’ stato utilizzato il soprariportato canto composto per “I meticci del Garbino”

CANTO D'AMORE PER IL FIGLIO


Sotto il ponte
der cielo c'è la luna
e stelle in cielo
ce ne sta a milioni,
ma ne manca una,
un giorno m'è apparita
qui sur mi' petto
e illuminò la vita.
Duro è ir destino,
nissuni pò sapere
qual è la sorte,
ma mamma è qui con te
fino alla morte.
Canta ormai ir gallo
e la notte sciama,
è l'ora, bimbo bello,
arzati 'n piedi,
ormai la vita chiama.

CANTO DELLA MADRE PER IL FIGLIO MORTO


Or ora, bimbo mio, io ti vedevo
giocare spensierato coi compagni,
di baci e di 'arezze ti 'oprivo,
d'amaro pianto ir core ora mi bagni,
ora che, bimbo mio, nun siei più vivo.
          Dormi l'urtimo sonno,
          angiolo mio,
          pace in eterno a te,
          ne prego Dio.
Ho nell'orecchi sempre la tu' voce,
l'allegro cinguettio d'un passerotto
mi 'asca drent'ar core come un sasso.
Da vivere a morì ci corre un passo,
dalla morte alla vita nun c'è strada.
          Dormi l'urtimo sonno,
          angiolo mio,
          pace in eterno a te,
          ne prego Dio.

DUETTO D'AMORE DI ALBERTO E ARTEMISIA


ALBERTO             T'ho ritrovato, amore, e nun pensavo
                              che ci fusse 'na 'osa tanto bella,
                              fra i visi della gente ti cercavo.
                              t'ho ritrovato, amor, siei la mi' stella.

ARTEMISIA          Io t'aspettavo, presa dar dispetto
                              e quer tormento, credi, 'un era lieve
                              ché fra l'amore e l'odio, m'hanno detto,
                              ir passo è spesso un passo breve breve.

ALBERTO             Che tu m'odiassi, bimba, io ci credo
                              e d'esse' odiato nun mi garba punto,
                              ma m'ami anco di più, questo lo vedo,
                              ti voglio bene anch'io e questo è 'r sunto.

ARTEMISIA          Te mi vedi 'osì, gonfia di vita,
                              e questo basta: assieme cresceremo
                              ir bimbo 'he nascerà, nun son pentita,
                              e tutti l'artri che via via faremo.

INSIEME                Sempre 'osì, abbracciati e d'amore,
                              sempre 'osì, cor pensiero ner core
                              che assieme semo tutto, soli niente,
                              che assieme semo noi, noi solamente.

CANTO DI ALBERTO PER L'AMORE PERDUTO


Io c'avevo un tesoro fra le mane,
era fo'osa e bona come ir pane,
chiamami come voi, sono un vigliacco,
degno di rintanammi come un biacco.
Brutto 'mbecille che nun sono artro!
Come un bimbetto mi son comportato,
lei 'nvece è donna, donna tutta intiera
donna sincera, orgogliosa e fiera.

Artemisia, lo so che ho sbagliato
e sola cor un figlio t'ho lassato.
L'omo va a caccia, poi si sa, si stanca,
ma quella bimba là, quanto mi manca!

CANTO CONTRO GLI INVASORI


La mattina dell'undici maggio
con il sole che spande il suo raggio
sull'ardito popolo in lotta,
la speranza di mettere in rotta
il nemico crudele e spietato
si disperde attraverso la breccia
che fa entrare la lurida feccia.
          Il cuore di Livorno s'è spezzato
          ma certamente si riprenderà,
          l'onore non può esser cancellato
          in chi combatte per la libertà.

È furtiva la tenebra nera
sugli arditi e la loro bandiera.
Tra la gente si conta i caduti
con gli sguardi attoniti e muti.
Ma più forte si leva un invito:
il Paese sia libero e unito!
          Il cuore di Livorno s'è spezzato
          ma certamente si riprenderà,
          l'onore non può esser cancellato
          in chi combatte per la libertà.

CANTO RIVOLUZIONARIO DI ARTEMISIA


Semo pronti a morire
per amor de' figlioli,
semo pronti a lottare
per la nostra città.

Voi volete l'impero,
li mandate alla guerra
come bestie ar macello,
ma Livorno 'un ci sta.

          Su, fàmosi sentire
          da questi macellai,
          arto si arzi ir grido
          levatevi di qua!

Via, leviamo la voce
contro que' manganelli,
arziamo la bandiera
di nostra volontà.

Nun avemo paura
di combatte' i sopprusi,
sempre più forte è in noi
la voglia di lottà.

          Su, fàmosi sentire
          da questi macellai,
          arto si arzi ir grido
          levatevi di qua!